Si inabissò silenzioso e fiero, Tanto dolore nelle vicinanze della nave faro di Nanticket, a 190 miglia al largo di New York, sul luogo dello schianto...
Il fracasso delle lamiere, le urla, le sirene e la prua della motonave Stockholm che sprofonda nel ventre dell'Andrea Doria.
L'Andrea Doria era l'ammiraglia della flotta italiana, la più lussuosa e moderna...Costata 29 milioni di dollari e 9 milioni di ore di lavoro... Il 17 luglio 1956 lasciò il porto di Genova per il suo 101° e ultimo viaggio alla volta di New York: aveva a bordo 1134 passeggeri oltre ai 572 membri d'equipaggio.
Il viaggio sarebbe durato come sempre 9 giorni.
Tutto filò liscio fino al 25 luglio, quando nei pressi di Nantucket si alzò dall'oceano una foschia che divenne, man mano, sempre più intensa fino a diventare, in serata, un vero e proprio muro di nebbia. In quelle zone tale situazione era una cosa normale e proprio per questo, il comandante Piero Calamai, fece ridurre la velocità a 21 nodi circa, ordinò la chiusura delle paratie stagne e mise in funzione fari e sirene da nebbia. L'Andrea Doria viaggiava lungo una delle due "corsie" previste per regolare l'intenso traffico di navi da e verso l'Europa. 20 miglia più a nord viaggiava la Stockholm, nave da trasporto misto merci e passeggeri, partita la mattina stessa da New York verso la Svezia. Quest'ultima fu rilevata dal radar del Doria ad una distanza di 17 miglia nautiche che andava riducendosi sempre di più fino a raggiungere le 7 miglia in circa 10 minuti. Il secondo ufficiale che era al comando dell'Andrea Doria comunicò al capitano quanto stava rilevando dal radar...Calamai allora decise di correggere la rotta di circa 4 gradi a sinistra in modo da aumentare la distanza. Intanto il terzo ufficiale con binocolo incollato agli occhi non riusciva ad intercettare lo scafo della Stockholm, ne le luci, ne si udivano sirene. Intanto sulla stessa Stockholm il capitano Harry Gunnar Nordenson riposava nella sua cabina e al comando della nave c'era il terzo ufficiale di soli 26 anni e pochissima esperienza. Egli si accorse del Doria attraverso il radar e, pensando di essere ancora distante, diede ordine di virare di 22 gradi a destra con la convinzione che l'ammiraglia italiana sarebbe sfilata alla sua sinistra...Ma questa fu la manovra fatale: la nave svedese, con 534 passeggeri a bordo e la sirena spenta, aveva invece l'Andrea Doria alla propria destra e a sole 2 miglia di distanza e con quella virata si portò in rotta di collisione.
A nulla servirono sia l'indietro tutta e la virata a dritta della Stockholm, sia la virata a sinistra del Doria...
La prua rinforzata per sfidare i ghiacci del Nord, aprì uno squarcio nella fiancata dell'Andrea Doria alta 19 metri e larga 22, disintegrando cabine, mobili e tubature, e uccidendo 52 persone, 46 sulla nave italiana e 6 sulla Stockholm. L'impatto fu di una forza devastante.
La Stockholm strisciò lungo la fiancata dell'Andrea Doria come un apriscatole e a mezzanotte era già inclinata di 27 gradi.Le scialuppe del lato sinistro erano inutilizzabili, mentre quelle del lato destro non bastavano per tutti i passeggeri. Per evitare il caos, il comandante non ordinò immediatamente di abbandonare la nave e fu una grande scelta perchè permise ai soccorsi di svolgersi in tutta alma, senza panico e ordinatamente. Le procedure adottate da Calamai e i suoi ufficiali fanno scuola ancora oggi per la saggezza e il successo ottenuto.
Le 8 lance di destra furono calate e portarono in salvo il 70% dei passeggeri mentre gli altri furono raccolti in parte dalle lance della Stockholm e in parte dalle navi corse in aiuto tra cui ricordiamo la Ile de France, anch'essa in viaggio verso New York. Alle 4 del mattino tutti i sopravvissuti erano stati evacuati e alle 5.30 anche gli ultimi ufficiali riuscirono con forza a portare via il comandante dal ponte di comando del Doria, ormai inclinato di 40 gradi e sempre più vicino all'inabissamento.
Alle 10.10 del mattino, sotto gli occhi del comandante Piero Calamai e dopo più di 11 ore di agonia, l'Andrea Doria si arrese al suo destino...fu inghiottita dall'Atlantico, dove giace tutt'ora a 75 metri di profondità adagiata sul fianco.
Dopo più di 60 anni anche il relitto della nostra ammiraglia sta pian piano collassando...nonostante la scritta di poppa, alcuni ponti in teak e qualche finestra siano ancora ben visibili, tutti i ponti superiori hanno ormai ceduto e sono precipitati sul fondo ammassandosi in un immensa montagna di detriti.
Con l'affondamento dell'Andrea Doria, non è sparita solo una nave, ma un vero e proprio pezzo d'Italia, della nostra cultura e del nostro fascino.
fine.
alla prox da TransatlanticEra
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